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In questo terzo e ultimo articolo della serie dedicata alla riduzione del canone di locazione, affrontiamo la parte più operativa: quali strumenti concreti possono garantire la validità e la certezza dell’accordo, evitando contestazioni e perdite di tempo.

Nel primo articolo abbiamo chiarito che la registrazione non è obbligatoria, ma utile sul piano probatorio.
Nel secondo abbiamo visto che, senza una data certa, l’accordo può essere messo in discussione.
Ora vediamo come comportarsi per dare pieno valore legale e fiscale alla riduzione del canone.

Registrazione volontaria: una scelta prudente

Anche se non è un obbligo, la registrazione volontaria dell’accordo resta la soluzione più solida per evitare problemi futuri.
La Corte di Cassazione e l’Agenzia delle Entrate (Risoluzione n. 60/E del 28 giugno 2010) concordano: registrare l’atto non è dovuto, ma permette di attribuirgli data certa e opponibilità ai terzi, compreso il Fisco.

La registrazione, di fatto, consente:

  • di rendere ufficiale la riduzione,
  • di aggiornare l’Amministrazione finanziaria,
  • di tutelare entrambe le parti in caso di contestazioni o verifiche.

In più, la procedura è semplice e a costi contenuti, e può essere eseguita anche online.

Altri mezzi di prova: quando la registrazione non c’è

Chi preferisce non registrare l’accordo deve comunque predisporre elementi di prova alternativi, idonei a confermare la data e la validità della scrittura.
Tra i fatti riconosciuti dall’articolo 2704 del codice civile figurano:

  • La morte o la sopravvenuta impossibilità fisica del sottoscrittore.
    Si tratta di un evento oggettivo e incontestabile che, in quanto successivo alla firma del documento, ne prova l’esistenza in un momento antecedente. È una forma di prova “naturale” della data certa, prevista dal codice civile, anche se ovviamente non rappresenta una soluzione preventiva ma piuttosto un riscontro postumo della validità del documento.
  • La riproduzione del contenuto della scrittura in un atto pubblico o in un documento ufficiale.
    Se l’accordo di riduzione viene riportato, anche solo in parte, in un verbale notarile, in una comunicazione autenticata, o in un atto amministrativo depositato presso un ente pubblico, tale riferimento ne certifica l’anteriorità. In questo caso la prova è piena, perché l’atto pubblico gode di fede privilegiata sulla data e sul contenuto.
  • L’utilizzo di strumenti digitali che garantiscono la tracciabilità temporale.
    In assenza di atti pubblici, si possono adottare soluzioni moderne come la firma digitale qualificata, la marca temporale o l’invio del documento tramite PEC certificata. Tutte queste tecnologie associano in modo inequivocabile il documento a un momento preciso, conferendogli la stessa efficacia probatoria di una registrazione volontaria.
  • La trasmissione del documento a un soggetto terzo indipendente.
    Inviare la scrittura privata a un professionista (ad esempio il commercialista) o a un ente pubblico permette di collocare l’accordo in un contesto verificabile e sottratto al controllo esclusivo delle parti. Anche questa modalità crea un “fatto oggettivo” idoneo a rendere opponibile la data, purché documentata in modo tracciabile (PEC, ricevuta o protocollo).

In ogni caso, ciò che conta è la terzietà e la verificabilità della prova: solo elementi indipendenti dalle parti e non modificabili successivamente possono garantire piena efficacia probatoria.

Il ruolo del giudice: valutazione caso per caso

La giurisprudenza ammette che non esiste un elenco chiuso di fatti idonei a dare data certa.
Il giudice di merito, infatti, può valutare caso per caso se un determinato elemento sia sufficiente a dimostrare l’anteriorità della scrittura (Cass. n. 20813/2021; Cass. n. 7753/2024).
Ciò significa che ogni situazione concreta va analizzata tenendo conto del contesto, delle prove disponibili e della coerenza dei documenti.

Tuttavia, la prudenza professionale suggerisce una regola semplice: se un accordo riduce la base imponibile, è sempre meglio renderlo opponibile al Fisco attraverso la registrazione o un mezzo equivalente.

Consiglio operativo per locatori e conduttori

In pratica, chi intende ridurre il canone dovrebbe:

  1. Redigere una scrittura privata chiara, con indicazione delle parti, del canone originario e di quello ridotto.
  2. Firmarla digitalmente o inviarla via PEC, così da fissare la data in modo oggettivo.
  3. Valutare la registrazione volontaria presso l’Agenzia delle Entrate, per garantire piena opponibilità.
  4. Conservare tutte le prove dei pagamenti effettuati in coerenza con l’accordo.

Sono passaggi semplici ma cruciali per evitare che una riduzione di buon senso si trasformi in un problema fiscale.

Conclusione

Ridurre il canone è spesso una scelta necessaria per mantenere un rapporto di locazione equilibrato.
Ma, come ha chiarito la cassazione, l’assenza di registrazione può complicare la difesa del contribuente, soprattutto se non esistono prove oggettive della data dell’accordo.

Registrare volontariamente la scrittura o utilizzare strumenti che ne certifichino la data (PEC, firma digitale, marca temporale) è la via più sicura per tutelare sé stessi e la validità fiscale del contratto.

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