Negli ultimi anni le piattaforme digitali hanno trasformato il modo in cui si comprano e si vendono beni usati. Per molti utenti era — o sembrava — semplice economia informale: si svuotava l’armadio, si pubblicavano annunci e si incassava qualche euro.
Oggi non è più così. La sentenza della Cassazione n. 7552/2025 e l’evoluzione dei controlli fiscali hanno ridefinito in modo netto il confine tra vendita occasionale e attività d’impresa, con obblighi precisi per chi vende online in maniera abituale.

Come professionisti, siamo chiamati a interpretare questo scenario, aiutando i contribuenti a evitare rischi e cogliere per tempo quando l’attività non è più un passatempo, ma un’attività economica vera e propria.

Il criterio decisivo: l’abitualità

La Cassazione ha chiarito senza troppi fronzoli che non conta:

  • il tipo di piattaforma usata (Vinted, eBay, Etsy, Subito…);
  • il valore dei beni venduti;
  • il fatto che i beni siano propri o usati.

Il discrimine è la frequenza e la organizzazione con cui si vende.
In altre parole, quando la vendita non è più sporadica, ma diventa un’attività ripetuta, sistematica e orientata al profitto, scatta la definizione di impresa ai sensi dell’art. 2082 c.c.

Il caso analizzato dalla Cassazione

Il soggetto coinvolto aveva realizzato oltre 1.600 vendite in due anni.
Nessun negozio fisico, nessun dipendente, nessuna struttura complessa.
Eppure per i giudici era un’attività imprenditoriale a tutti gli effetti.

Le conseguenze sono immediate:

  • obbligo di apertura della partita IVA;
  • tassazione come reddito d’impresa (art. 55 TUIR), non più “redditi diversi”;
  • applicazione dell’IVA secondo il DPR 633/1972;
  • contabilità semplificata o ordinaria in base al volume d’affari;
  • rischio di recuperi d’imposta e sanzioni.

Il messaggio è chiaro: la vendita abituale, anche di beni usati, può costituire attività d’impresa.

Beni personali o beni acquistati per rivendere: cosa cambia?

Un punto spesso fonte di incomprensioni:

  • La vendita occasionale di beni personali usati può restare fuori dall’IVA e dalla tassazione.
  • La vendita di beni acquistati per la rivendita rientra sempre nel campo IVA.
  • Se l’attività presenta regolarità e continuità, è impresa (punto e a capo).

In caso di controlli, l’Agenzia può basarsi non sulle dichiarazioni del contribuente, ma su presunzioni legali:

  • movimenti bancari,
  • flussi digitali (PayPal, Revolut, Stripe),
  • dati DAC7 trasmessi dalle piattaforme,
  • incrocio tra annunci pubblicati e accrediti ricevuti.

Obblighi fiscali: IVA, imposte dirette, regimi applicabili

Una volta riconosciuta l’abitualità, il venditore online diventa un operatore economico soggetto a:

Obblighi IVA

  • Fattura elettronica o documento commerciale.
  • Liquidazioni periodiche.
  • Dichiarazione IVA annuale.

Imposte dirette

  • In regime forfettario, si applica un coefficiente di redditività del 40% o 67% a seconda dell’attività.
  • In regime ordinario, si deducono costi e ammortamenti secondo le regole generali del reddito d’impresa.

La scelta del regime dipende da volumi, margini e strategia di lungo periodo: va valutata caso per caso.

Quando una vendita resta davvero “occasionale”?

La legge non fissa una soglia numerica rigida, ma la pratica professionale offre alcuni criteri:

  • pochi oggetti personali venduti nell’anno;
  • assenza di finalità di lucro stabile;
  • nessuna ripetizione sistematica;
  • nessun acquisto di beni destinati alla rivendita.

Nei casi dubbi, è essenziale documentare l’occasionalità: foto, date, provenienza dei beni, assenza di margine.
Se invece l’attività presenta continuità, la scelta più prudente è regolarizzare spontaneamente, evitando accertamenti futuri.

Indicazioni operative: cosa dobbiamo fare come studio

Per valutare correttamente la posizione di un cliente che vende online, è utile:

  1. Analizzare i flussi di vendita e gli accrediti ricevuti.
  2. Verificare la presenza di abitualità: numero di operazioni, frequenza, margini.
  3. Valutare l’inquadramento più adeguato (forfettario, ordinario).
  4. Gestire l’apertura della partita IVA quando necessaria.
  5. Preparare il contribuente alla seconda parte della storia: i controlli DAC7, che approfondiremo nel prossimo articolo.

Conclusione

La linea di confine tra vendita saltuaria e attività d’impresa non è più un terreno grigio.
La Cassazione ha dato una definizione chiara e la tecnologia fiscale farà il resto.

Chi vende online in modo continuativo non può più considerarlo un hobby.
Per noi professionisti, diventa un ambito dove la consulenza non è più accessoria, ma strategica.

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