Il D.Lgs. n. 192/2024 ha rappresentato un passaggio fondamentale nella disciplina del conferimento di partecipazioni a “realizzo controllato”, riformando l’art. 177 del TUIR nei suoi commi 2 e 2-bis. L’intervento ha portato maggiore chiarezza su diversi aspetti operativi, contribuendo a eliminare molte incertezze interpretative che da tempo accompagnavano queste operazioni. Tuttavia, non tutte le ambiguità sono state risolte: restano zone d’ombra, questioni sospese e casi particolari che pongono ancora problemi applicativi significativi.
In particolare, il nuovo assetto normativo ha riorganizzato le condizioni per accedere al regime fiscale agevolato, ma ha lasciato aperti numerosi interrogativi sulla natura dei soggetti coinvolti, sulle forme di partecipazione ammissibili e sull’estensione dell’ambito oggettivo, soprattutto in riferimento a conferimenti non “pieni”, come quelli relativi a usufrutto o nuda proprietà. Esaminiamo i punti ancora critici per chi opera nel settore fiscale e societario.
Conferimento in società di persone: apertura o chiusura?
Una delle principali questioni che continuano a sollevare dubbi è quella relativa alla possibilità di effettuare il conferimento in una società di persone. Prima della riforma, l’Amministrazione finanziaria aveva già espresso una posizione restrittiva: con la risoluzione n. 43/2017 aveva infatti escluso la possibilità di applicare il regime di realizzo controllato a conferimenti effettuati in società di persone, ritenendo che la normativa fosse implicitamente limitata alle società di capitali.
La nuova formulazione dell’art. 177, comma 2, non affronta direttamente la questione, ma introduce una significativa ambiguità. Il legislatore, infatti, indica in modo puntuale le caratteristiche soggettive della società conferita (che deve essere una società di capitali residente, ex art. 73, co. 1, lett. a), oppure una società estera equivalente), ma non definisce con altrettanta precisione le caratteristiche della società conferitaria. Questa omissione, se da un lato potrebbe essere interpretata come una svista, dall’altro potrebbe anche suggerire una volontà di non escludere esplicitamente le società di persone, almeno in linea teorica.
Tuttavia, la prudenza è d’obbligo: il silenzio normativo non equivale a un’apertura certa. In particolare, restano forti perplessità sull’ammissibilità di conferitarie non soggette a obblighi contabili ordinari – come le società semplici o quelle in contabilità semplificata – in quanto potrebbe risultare difficoltoso verificare l’effettivo incremento patrimoniale derivante dal conferimento. La questione, ad oggi, rimane sospesa in attesa di chiarimenti ufficiali.
Le società di persone possono essere conferite?
Se l’ammissibilità delle società di persone come conferitarie è incerta, la loro conferibilità come oggetto dell’operazione risulta invece più chiaramente regolata – e in senso negativo. Il nuovo comma 2 dell’art. 177 TUIR fa espresso riferimento solo alle società di capitali, escludendo dunque le partecipazioni in società di persone dal perimetro agevolato. Tale esclusione si allinea con la volontà del legislatore di delimitare l’ambito oggettivo del realizzo controllato a operazioni che presentano un certo grado di trasparenza contabile e controllo formale.
Rimane però uno spiraglio nel comma 2-bis, che prevede l’applicazione del regime anche in assenza del controllo assembleare, qualora la partecipazione al capitale nella conferita sia superiore al 25%. Questo criterio patrimoniale, più flessibile, potrebbe – in teoria – rendere ammissibili anche le partecipazioni in società di persone, soprattutto se queste presentano assetti strutturati e contabilità ordinaria.
Tuttavia, anche in questo caso, la prassi amministrativa mostra una linea prudenziale. In particolare, una risposta ad interpello della DRE Veneto, segnalata dalla stampa specializzata nel 2022, ha ribadito l’inapplicabilità del regime a conferimenti in società di persone, rafforzando l’idea che il legislatore, pur non essendo esplicito in ogni dettaglio, intenda mantenere una distinzione netta tra partecipazioni “qualificate” e quelle di natura più informale o fiscalmente opaca.
Conferimenti “parziali”: nuda proprietà e usufrutto sotto la lente
Una delle questioni più delicate e ancora irrisolte riguarda il conferimento di diritti parziali sulle partecipazioni, come la nuda proprietà e l’usufrutto. Il Documento di Ricerca del CNDCEC conferma che la normativa vigente non ha modificato il trattamento di questi conferimenti, e che pertanto resta valida l’interpretazione fornita nei precedenti interpelli dell’Agenzia delle Entrate. Vediamo i principali casi emblematici:
- Nuda proprietà con diritti di voto
Il conferimento della nuda proprietà, se accompagnato dal possesso dei diritti di voto, è stato ritenuto ammissibile al regime del realizzo controllato. L’Agenzia, nell’interpello n. 290/2019, ha chiarito che, in presenza del diritto di voto, il conferente mantiene una forma di controllo o influenza sulla società conferita, sufficiente a integrare il requisito della partecipazione rilevante. Questo tipo di conferimento, quindi, può beneficiare dell’agevolazione prevista dall’art. 177, comma 2 del TUIR. - Nuda proprietà senza diritti di voto
Più controversa è la posizione per la nuda proprietà priva di diritti di voto. Sebbene l’interpretazione iniziale (ancora nell’interpello n. 290/2019) fosse negativa, interventi successivi – tra cui l’interpello n. 238/2021 e la R.M. 56/E/2023 – hanno aperto a un possibile riconoscimento del regime agevolato ai sensi del comma 2-bis. Questo comma, infatti, consente l’applicazione del realizzo controllato anche in assenza del controllo assembleare, purché il conferente detenga una partecipazione al capitale superiore al 25%. In questa ottica, anche un diritto privo di voto potrebbe teoricamente soddisfare i requisiti se rilevante in termini patrimoniali. - Usufrutto con diritto di voto
Il conferimento del solo usufrutto, anche se comporta il trasferimento dei diritti di voto, non è considerato sufficiente per accedere al regime. L’interpello n. 381/2020 ha infatti ribadito che l’usufrutto rappresenta un mero diritto di godimento e non equivale a una partecipazione in senso stretto. Se manca il conferimento contestuale della nuda proprietà, non si verifica l’assunzione della qualifica di socio nella società conferitaria, condizione imprescindibile per applicare il realizzo controllato.
In sintesi, l’orientamento prevalente riconosce tutela ai conferimenti che, anche se parziali, conservano caratteristiche sostanziali di partecipazione al capitale o alla governance. In caso contrario – come nei conferimenti isolati di usufrutto – il beneficio fiscale viene meno.
Conclusione
La riforma del 2024 ha segnato un passo avanti importante nella razionalizzazione delle operazioni di conferimento a realizzo controllato, ponendosi l’obiettivo di incentivare le riorganizzazioni societarie senza penalizzazioni fiscali indebite. Tuttavia, l’assenza di indicazioni precise su alcuni aspetti fondamentali – soggetti ammessi, natura dei diritti conferiti, limiti interpretativi – lascia aperti scenari di incertezza operativa.
Per professionisti e imprese, ciò implica la necessità di analizzare caso per caso le condizioni soggettive e oggettive del conferimento, eventualmente avvalendosi dello strumento dell’interpello per ottenere risposte specifiche. È auspicabile che nei prossimi mesi intervengano chiarimenti ufficiali da parte dell’Agenzia delle Entrate o pronunce giurisprudenziali in grado di uniformare l’interpretazione e favorire una corretta applicazione della norma.
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