Nel linguaggio comune si tende a confondere “affitto breve” e “casa vacanze”, ma giuridicamente si parla di due realtà diverse:
- affitto breve → contratto di locazione abitativa fino a 30 giorni, non necessariamente imprenditoriale;
- casa vacanze → struttura ricettiva extralberghiera, quindi attività d’impresa a tutti gli effetti.
La sovrapposizione delle modalità operative ha reso necessario definire con chiarezza qual è il confine fiscale tra semplice locazione e impresa.
Presunzione assoluta di imprenditorialità: la regola dei quattro immobili
La norma cardine è l’art. 1, comma 595, della Legge 178/2020, che introduce una presunzione legale assoluta:
se un soggetto destina più di quattro immobili agli affitti brevi nello stesso periodo d’imposta, l’attività è considerata imprenditoriale.
La regola riguarda l’host proprietario/comodatario/locatario, non i property manager terzi.
Sotto questa soglia, però, la questione resta aperta e va analizzata caso per caso.
Affitti brevi e strutture ricettive: Quando l’attività diventa impresa anche con meno di quattro immobili
La distinzione non si basa solo sul numero di immobili: conta come l’attività viene svolta.
L’Agenzia delle Entrate richiama due norme fondamentali:
- art. 55, comma 2, TUIR (DPR 917/1986)
- art. 4, DPR 633/1972
Entrambe stabiliscono che una locazione diventa attività d’impresa se esercitata in forma organizzata, cioè con un insieme di servizi che va oltre la semplice messa a disposizione dell’immobile.
Servizi ammessi senza diventare imprenditore
Secondo la circolare 24/E/2017, l’attività resta non imprenditoriale se ci si limita a:
- fornitura di biancheria;
- pulizia dei locali;
- utenze;
- wi-fi;
- aria condizionata.
Sono servizi compatibili con la natura di locazione breve.
Servizi che fanno scattare la natura imprenditoriale
Se invece vengono offerti servizi ulteriori, l’attività si considera impresa:
- colazione;
- somministrazione di pasti;
- noleggio mezzi;
- guide turistiche o interpreti.
In questi casi scatta l’obbligo di partita IVA, purché i servizi siano resi abitualmente; se svolti in modo occasionale generano redditi diversi.
Il ruolo controverso delle leggi regionali
Molte Regioni hanno introdotto limiti ulteriori, spesso più restrittivi, per stabilire quando l’attività è considerata imprenditoriale.
Un esempio: l’Emilia-Romagna presume l’imprenditorialità già superati tre immobili.
Queste norme non dovrebbero avere effetti fiscali, perché le Regioni non hanno potestà tributaria (salvo tributi locali). Tuttavia:
- possono avere impatti amministrativi (es.: autorizzazioni, SCIA, categorie ricettive);
- possono generare contenziosi con i Comuni;
- sono state spesso utilizzate dalla giurisprudenza per valutare il carattere imprenditoriale delle attività ricettive extralberghiere.
Risultato: anche se non dettano regole fiscali, vanno considerate con attenzione prima di avviare l’attività.
In sintesi: quando serve la partita IVA negli affitti brevi
Serve aprire la partita IVA quando:
- si destinano più di quattro immobili agli affitti brevi;
- si offrono servizi aggiuntivi che esulano da quelli ammessi per la locazione;
- l’attività è svolta in modo organizzato e continuativo, anche con meno di quattro immobili;
- la normativa regionale impone limiti che, pur non fiscali, richiedono di operare come struttura ricettiva.
Il confine è sottile e va valutato caso per caso.
Affitti brevi e strutture ricettive: conclusioni
L’attività di affitto breve può rientrare nella semplice locazione oppure trasformarsi in attività imprenditoriale, con obbligo di partita IVA.
La differenza non dipende solo dal numero di immobili, ma dall’organizzazione dei servizi offerti e dal quadro normativo regionale. Per evitare errori — e sanzioni — è fondamentale analizzare correttamente ogni situazione.
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